Cicerchie
Cicerchia: il legume “resistente”
Il piccolo seme si presenta schiacciato e dalla forma irregolare, dal colore bianco, grigio o marrone chiaro. Sebbene sia meno conosciuta rispetto agli altri legumi della sua famiglia, la cicerchia, detta anche cecerchia, ha delle origini molto antiche, che affondano le sue radici nelle zone del Medio Oriente. Oggi è ancora coltivata in poche aree e tra queste quelle dell’Italia centro-meridionale: Umbria, Lazio, Abruzzo, Marche, Molise, Puglia, ma anche Campania, dalla zona flegrea al Cilento.
La coltivazione della cicerchia non richiede particolari condizioni né troppe cure, si tratta infatti di una pianta che ben si adatta a terreni con poca acqua e alle temperature più ostili. E queste caratteristiche sono state per lungo tempo garanzia di un pasto caldo per generazioni di agricoltori, specialmente nei momenti di crisi o di difficoltà economica.
Relegata a coltivazione di nicchia, oggi è ritornata nuovamente sugli scaffali grazie alle pratiche delle colture biologiche, in un’ottica di recupero di un patrimonio agricolo ed alimentare legato al passato. Espressione di un mondo e di una cultura meritevoli di essere ancora trasmessi. Al punto che anche il Ministero delle Politiche Agricole ha riconosciuto questo legume come prodotto agroalimentare della tradizione italiana.
La semina avviene di solito nel periodo autunnale-invernale, la raccolta in estate. Il baccello, che ricorda quello dei piselli, può contenere da due a cinque semi. Vengono consumate secche, quindi disponibili tutto l’anno, dopo essere state messe in ammollo e assaporate soprattutto in zuppe o piatti poveri della tradizione contadina. Arricchiti con olio extra vergine di oliva.
La cicerchia fra storia e tradizione
La cicerchia, conosciuta come “cicerula” presso i latini, è sempre stata apprezzata nella cucina antica che usava non solo il prodotto integro ma anche la sua farina. I segreti della sua preparazione si sono tramandati nel tempo ed esistono prove scritte di piatti a base di cicerchia anche dal Cinquecento in poi. Verso la fine dell’Ottocento, però, il suo eccessivo consumo, e per prolungati periodi, fu collegato ad un disturbo – detto latirismo, dal nome scientifico del legume Lathyrus sativus, che provocava un problema neurologico con conseguente paralisi agli arti inferiori.
Oggi che la ricerca ha fatto luce su questo fenomeno, si sa che basta non eccedere nel consumo di cicerchie e soprattutto basta tenerle in ammollo per lungo tempo e poi sciacquarle bene prima di farle cuocere. Una procedura che vale la pena seguire per gustare questo legume così resistente. Al tempo e alle tradizioni.