Fagiolo dente di morto
Fagiolo dente di morto: il cannellino della tradizione campana
Colore bianco opaco – da cui deriva il nome singolare – forma allungata, dimensioni medio-grandi. Il fagiolo dente di morto, coltivazione tipica del circondario dell’Agro acerrano-nolano e di alcuni comuni della provincia di Caserta, è un cannellino dal sapore pastoso e dalla buccia molto sottile. La natura vulcanica del terreno in cui viene coltivato – profondo e facile da lavorare, “collabora” da generazioni con gli agricoltori del posto, in uno speciale equilibrio fra chi dà e chi rispetta i ritmi dettati da Madre Natura.
Un “bene del territorio” che ha il pregio di racchiudere in un piccolo seme, rievocandola, la storia di tanti luoghi accomunati da economie, riti e saperi trasmessi oralmente.
Un bene riconosciuto e preservato da Slow Food tramite la creazione di uno dei suoi presìdi, per incoraggiare chi ancora si dedica alla produzione del fagiolo dente di morto e dalla stessa Regione Campania, che l’ha inserito anche nell’elenco degli oltre 500 prodotti tradizionali.
Questa coltura è stata fiorente fino agli anni Settanta del secolo scorso, e addirittura questo tipo di fagiolo veniva esportato anche in America. Poi la sua richiesta è andata riducendosi a causa dei bassi consumi – dettati da nuovi stili alimentari – e per l’importazione di altre varietà, restando appannaggio di pochi gruppi familiari, che ancora oggi si ostinano a portare avanti questa coltivazione, come un messaggio di speranza per le nuove generazioni che stanno ritornando all’agricoltura.
La semina viene fatta ancora a mano, in due periodi dell’anno – primavera ed estate. Le piante da cui nasce questo legume sono simili a dei cespugli e non sono rampicanti, possono raggiungere un’altezza fra 50 e 70 cm. Dopo la raccolta seguono sgranatura, cernita e confezionamento. Ogni fase viene eseguita ancora come una volta, con la tenacia di chi ha un legame profondo con la terra e ne rispetta i tempi e i frutti.
Il prodotto può essere consumato fresco oppure secco e nel primo caso viene chiamato “spollichino” italianizzato dai termini dialettali. Se ne può apprezzare il gusto nei piatti tipici napoletani, dalle zuppe alla pasta.
Il fagiolo dente di morto e la storia
Il legame tra il fagiolo dente di morto ed il suo territorio di origine è molto forte ed è dimostrato storicamente anche da fonti documentate che risalgono al Settecento. In particolare, questi legumi vengono citati nel diario del canonico Andrea Sarnataro che li indica come prodotti agricoli tipici del comune di Acerra.
E non è l’unica testimonianza. Un’altra più recente, risalente agli anni Trenta del Novecento, è apparsa nella “Guida Gastronomica d’Italia” del Touring Club Italiano.